Numero ritirato allo Yankee Stadium

Lettera rivolta ai ragazzi.

Ascoltami ragazzo, stai commettendo un grosso errore a non interessarti del Baseball; esso è il più bel gioco del mondo ed ogni uomo dovrebbe sentirsi orgoglioso di averci qualcosa a che fare, non importa cosa, anche sedersi semplicemente sulle gradinate dello stadio e urlare alla squadra del cuore di farsi sotto e battere un fuori campo.Però non devi metterti in testa idee sbagliate, ragazzo.Per giocare al Baseball occorre essere veri uomini.È il gioco più difficile che si conosca al mondo e per giocarlo occorre saper fare di tutto; bisogna essere robusti e coordinati nei movimenti; bisogna possedere velocità, intelligenza, buon senso, fegato e grinta.Sopratutto grinta, ragazzo, perché un solo attimo che mostri timidezza e i lanciatori ti spazzolano la testa con lanci velocissimi, i corridori ti fanno a fette con i ferri delle scarpe e le stesse riserve in panchina ti sfottono fino a mandarti a nascondere.Non puoi mollare neppure un attimo, ragazzo, devi spendere tutto ogni giorno e devi usare con la massima accortezza il vecchio fagiolo, la testa.Se tu lasci andare una palla in aprile, ti accorgi poi, magari in settembre, che quella palla ti costa il campionato. Non puoi permetterti nè distrazioni nè rilassamento.Quando sei alla battuta e corri sulle basi, ti devi rammentare che contro di te ci sono nove uomini in campo e un robusto cervello in panchina, quello del manager avversario, che cercheranno in ogni modo e maniera di farti fare la figura della ramazza.Ragazzo, non è mai esistito un gioco più adatto del Baseball per misurare l'autentico valore di un uomo, quanto a fegato, prontezza e velocità.Il Baseball è un gioco che assomiglia alla vita, ragazzo, e che alla vita ti prepara; è un gioco di squadra, ragazzo, perchè un lanciatore può lanciare il suo cuore assieme alla palla ma qualcuno dovrà pur fermare, in qualche modo, le palle radenti e qualcun altro arrampicarsi sul recinto del campo per agguantare quelle al volo, e poi andare a battere e fare qualche punto, altrimenti tutto il lavoro del suo lanciatore non sarà servito a nulla.È come in famiglia e in un gruppo di fratelli che lavorano insieme per raggiungere la stessa meta, ed è l'unico gioco che non hai bisogno di giocare per sapere quanto sia buono, bello, onesto e leale.

La maledizione del "Bambino"

Non è vero, ma ci credo. Mai come nel caso dei Boston Red Sox, storica franchigia del baseball professionistico Usa, questo detto si applica alla lettera. Tutto ebbe inizio nel lontano 1914, quando i Sox, allora di proprietà di Joe Lannin, acquisirono i contratti di alcuni giovani talenti da Baltimore. Tra questi, tale George Herman Ruth, un orfano cresciuto da preti e suore a pochi passi da dove oggi sorge lo stadio degli Orioles, il Camden Yards. Ruth venne soprannominato «The Babe» o «The Bambino». Era un lanciatore mancino ed ebbe subito grande successo con i Red Sox, vincendo 18 partite nel 1915 e addirittura 23 nel ' 16. In entrambi gli anni, Boston conquistò le World Series. Ma la nube nera e minacciosa che avrebbe segnato il futuro dei Sox per i decenni che seguirono, prese forma nel 1917, quando Lannin vendette la squadra a Harry Harrison Frazee. Nel frattempo, Babe era diventato il pitcher più dominante della Lega, ma aveva anche sviluppato le sue doti di battitore, vincendo la classifica dei fuoricampisti nel ' 18, malgrado solo 95 partite giocate su 140, guidando i Sox al 3° titolo in 4 anni dall' arrivo di Ruth. Nel 1919 tra i Sox e Babe iniziò una lunga disputa contrattuale. Ruth si dovette accontentare di 10.000 dollari (i migliori giocatori dell' epoca ne guadagnavano 15.000), ma la sua produzione in campo non ne risentì. Colpì 29 home run, più di qualsiasi altra squadra nella Lega! Ma nel 1920, Frazee fece l' impensabile. Per finanziare un musical di sua produzione a Broadway, «No no Nanette» cedette Babe Ruth agli Yankees per 100.000 dollari. Indignato, il Bambino scagliò la sua maledizione sui Red Sox: «Non vincerete mai più un titolo». E così è stato sino ad oggi. Boston ha partecipato solamente a 4 World Series dal 1918, perdendo ogni volta alla settima partita, mentre Ruth con gli Yankees divenne il più grande fuoricampista di sempre, stabilendo primati che sarebbero resistiti per decenni. La sua popolarità era tale, che gli Yankees dovettero lasciare il piccolo stadio che condividevano con i New York Giants, il Polo Grounds, per andare a giocare in uno tutto loro, lo Yankee Stadium, soprannominato da allora «La casa che Ruth costruì». La maledizione del Bambino è continuata negli anni, colpendo Boston nei modi più inaspettati. Come nel ' 78, quando sprecarono un incredibile vantaggio in classifica, facendosi rimontare dagli odiati rivali Yankees e perdendo lo spareggio a Fenway Park per colpa di un fuoricampo di un piccolo interbase dal nome Bucky Dent, non certo noto per la sua potenza in battuta. O come nell' 86, quando, ad un solo strike dal titolo, Bill Buckner si lasciò passare in mezzo alle gambe la pallina colpita da Mookie Wilson dei Mets, aprendo la porta alla rimonta di New York, che poi vinse le World Series in gara-7. Qualcuno ha provato a sfatare la leggenda, ma ne ha prontamente pagato le conseguenze. Come Pedro Martinez, oggi il miglior lanciatore nel baseball. Nel 2001 aveva iniziato la stagione alla grande, quando gli chiesero se pensava che quello potesse essere l' anno buono per sconfiggere la maledizione del Bambino. «Se Ruth fosse vivo oggi, gli tirerei una delle mie palle dritte nel sedere». Non l' avesse mai detto... Il giorno successivo s' infortunò e non vinse più una partita per il resto del campionato. Non sarà vero, ma forse anche Pedro ci crede. oston